Storia della Basilica Neopitagorica di Roma
La Basilica Neopitagorica: storia e magia nel sottosuolo della Capitale
Esoterismo, magia e una tragica fine. I misteri intorno alla Basilica Sotterranea di Porta Maggiore non hanno mai smesso di affascinare i visitatori di questo monumento unico in tutto il mondo e in tutta la storia occidentale.
Era il 1917 quando un crollo sulla tratta ferroviaria Roma – Napoli rivelò la presenza di alcuni ambienti sotto il manto stradale: niente di più frequente nel sottosuolo romano, se non fosse che – al contrario di tutti i rinvenimenti scovati negli ultimi due secoli – l’edificio non è stato sepolto dalla stratificazione successiva, bensì è stato pensato, progettato e costruito direttamente a dodici metri di profondità. L’impresa è stata possibile grazie alle avanzate tecniche ingegneristiche della Roma Imperiale che escogitarono un pionieristico sistema di colatura della massa cementizia che andò a costituire la struttura dell’edificio.
La collocazione sotto il livello stradale fa pensare a diversi possibili usi: da quello sepolcrale – più accreditato – a quello esoterico di Basilica Neopitagorica.
Una guida in tal senso si può ricavare dal particolarissimo programma iconografico che ritroviamo negli affreschi che adornano le pareti: Zeus che rapisce Ganimede e – soprattutto – il suicidio di Saffo dalla rupe di Leucade fanno parte di una raffinata simbologia che allude alla morte come trasformazione, da affrontare con serenità e gratitudine. Trattasi, questo, di un concetto-chiave della filosofia neopitagorica che – preso spunto dalla figura del filosofo Pitagora – si diffuse in magna grecia nel I secolo d.C., in cui collochiamo anche la costruzione della basilica. Questa religione, incentrata sul sincretismo e sulla salvezza ottenuta tramite lo studio e le pratiche mistiche, ebbe presto una deriva esoterica diventando sempre più malvista dalla religione ufficiale, che la escluse dai culti riconosciuti dallo Stato.
I committenti dell’edificio facevano parte di una famiglia molto ricca residente lungo l’antica via Prenestina, la gens Statilia: si ipotizza che i lavori furono iniziati da Tito Statilio Tauro, famoso e rispettato console dell’Età Augustea, e che la struttura fu poi convertita a luogo di culto neopitagorico dall’omonimo discendente durante l’Impero di Nerone. La nuova destinazione fu probabilmente inaugurata da un sacrificio di un cane e di un maiale, come testimoniano i resti ritrovati nell’aula absidale.
Alla figura di Tito Statilio Tauro è legata una pagina controversa della storia imperiale: inimicatosi la madre di Nerone, la terribile Agrippina, l’uomo fu accusato di stregoneria e – per evitare il processo e scontarne il disonore – scelse di togliersi la vita. In realtà le fonti dell’epoca lasciano intuire che Agrippina fosse più interessata ad appropriarsi dei preziosi terreni della famiglia, piuttosto che alle pratiche religiose di Tito: il risultato fu comunque la rapida chiusura della basilica sotterranea, il cui ingresso fu soffocato con una colata di terra.
Articolo di Daniele Morali