Montagne russe, fra risate e psicologia
Edy Angelillo e Pietro Longhi portano in scena al Teatro Manzoni il testo scritto dal francese Eric Assous ed incentrato sulla complessità dei rapporti interpersonali. Repliche fino al 18 febbraio
Un uomo e una donna si incontrano in un pub, si sorridono, si piacciono, chiacchierano e, come prevedibile, decidono di proseguire la serata insieme. I due sono adulti e, soprattutto sono liberi, per cui non suona affatto strano che si ritrovino nella casa di lui per abbandonarsi al flusso degli eventi.
È su questo incipit che si apre il sipario di «Montagne Russe», un lavoro di Eric Assous che sarà in scena al Teatro Manzoni fino al 18 febbraio. Lo spettacolo, vivace ed intrigante, possiede gli aspetti tipici della commedia brillante nel contesto di un movimento di parole che richiama il thriller psicologico.
Ad interpretarlo, una affiatata coppia del palcoscenico romano – Edy Angelillo e Pietro Longhi – diretti da Enrico Maria Lamanna.
La storia ci racconta di Pierre, un alto dirigente di una rilevante società di lenti fotografiche, che ospita nel suo ricco e raffinato appartamento un’avvenente cinquantenne, la bella Juliette. I due cercano di socializzare, di mostrarsi disinvolti, di intendersi. Peccato però che l’interazione non risulti fluida, si avverte un po’ di attrito e qualche cigolio nei loro reciproci complimenti che, nonostante lo sforzo, non riescono ad incastrarsi perfettamente come i pezzi di un puzzle.
Il feedback di Juliette ad ogni vanto di Pierre rimanda indietro un’immagine non esattamente il linea con le aspettative dell’uomo che tenta di fare colpo e invece si ritrova ad annaspare. L’affascinante signora, infilata in uno sfavillante abito pieno di paiellettes blue e argento, non è rapita da tutto quel fulgore e, con le sue domande apparentemente innocenti, prende la mira verso un bersaglio che a Pierre sfugge.
Il dialogo tra i due, pur essendo un pochino sfilacciato, piano piano si dipana. Ma, come ci sarà modo di capire rapidamente, niente è come sembra.
Pierre ha una moglie da qualche parte, dunque non è single come ha lasciato intendere. E le foto in bella vista sui mobili, lo svelano chiaramente. È divorziato oppure separato? Forse né l’uno né l’altro, magari è solo un impiegato disilluso alle prese con l’invecchiamento, e con la crisi che l’età si trascina dietro.
Juliette dal canto suo chi è mai? È una moralista o al contrario un prostituta? È una giornalista o una sorta di detective improvvisata?
I pensieri si congestionano nel seguire le virate improvvise della sequenza logica dei dialoghi che, nel giro di poche battute, negano ciò che hanno appena affermato.
E poi nulla viene accertato. In ogni verità, temporanea e momentanea, c’è un meccanismo di salita, di scoperta e di sorpresa che prosegue fino a toccare la vetta. Ma quando ci si illude che la versione depositata sia quella definitiva, con il conseguente spostamento del baricentro grazie ad un reciproco adattamento, appare un pendio scivoloso che viene attraversato a velocità sostenuta creando un senso di smarrimento, nei protagonisti così come negli spettatori. E così, come in una delle attrazioni più gustose di qualunque luna park, alla salita lenta e sistematica, segue una discesa vorticosa.
Anche lo stile dei dialoghi riflette questo tono sinusoidale che passa dal “tu” al “lei” a momenti alterni ed in maniera asimmetrica, oltre che scombinata.
L’interessante testo, che irrompe con una riflessione sui legami familiari e sulla complessità dei rapporti interpersonali, si svolge in un’unica soluzione di tempo – la notte in cui Pierre e Justine si incontrano – e di spazio – l’appartamento di lui –, seppure nei due ambienti costituiti da salone e camera da letto. E questi elementi rendono ancora più efficaci le continue inversioni di rotta e i successivi assestamenti emotivi che i protagonisti devono compiere per ritrovare una conversazione sensata.
Molto efficace è l’impronta interpretativa di Pietro Longhi, il quale conferma di essere un vero signore del teatro italiano. La sua eleganza si concilia perfettamente con la personalità scenica di Edy Angelillo, attrice dalle molteplici sfaccettature artistiche che, con la sua verve e la sua spontaneità, alimenta di ironia e di simpatia un ruolo complesso e misterioso.